venerdì 22 maggio 2015

CONTI ITALIANI, nuovo "buco", la Ue fa saltare la reverse charge dell'Iva per la grande distribuzione

BRUXELLES, 22 maggio - Nuova grana per i conti italiani. La Commissione europea dice 'no' all'estensione del meccanismo di 'reverse charge' alla grande distribuzione. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni, costata 2,2 miliardi che hanno bruciato il 'tesoretto' emerso dal Def, per il bilancio si apre un nuovo 'buco' da 700 milioni. La Legge di Stabilità prevede che scatti in automatico una clausola di salvaguardia che aumenta l'accisa su benzina e gasolio a partire dal primo luglio. Ma dal Tesoro rassicurano che "c'è il fermo impegno del Governo" ad evitare che il rincaro scatti. Soddisfatta la Confindustria, che contro la misura aveva presentato un ricorso all'Ue. Resta invece ancora sotto esame il meccanismo dello 'split payment' - che dovrebbe assicurare oltre 900 milioni di euro di entrate - ma vi sono buone possibilità di un via libera. 
Al termine dell'analisi cominciata il 12 febbraio, quando l'Italia ha introdotto la richiesta di estensione della 'reverse charge' alla grande distribuzione, la Commissione ha concluso che "non è in linea con l'articolo 395 della direttiva sull'Iva". Per Bruxelles, "non c'è prova sufficiente che la misura richiesta contribuisca a combattere le frodi. Ed è inoltre dell'opinione che tale misura implicherebbe elevati rischi di spostamento delle frodi al settore del commercio al dettaglio e ad altri Stati", ha detto Vanessa Mock, portavoce del commissario alla fiscalità Pierre Moscovici. La Commissione ha messo nero su bianco la sua opinione in una comunicazione inviata al Consiglio in cui raccomanda di bocciare la richiesta italiana. Sarà quindi il Consiglio a pronunciarsi, ma è praticamente scontato che seguirà il parere della Commissione. Bruxelles, si legge nella comunicazione, "ha sempre avuto un approccio cauto, per assicurare che le deroghe non vadano a minare l'operatività del sistema Iva generale, che siano limitate, necessarie e proporzionate".  Ogni deroga al sistema del pagamento frazionato non può quindi essere che una misura d'emergenza e 'ultima ratio' in casi provati di frodi, e deve offrire le garanzie sulla necessità ed eccezionalità della deroga, la durata della misura e la natura dei prodotti. La procedura di 'reverse charge' non deve essere usata sistematicamente per mascherare la sorveglianza inadeguata delle autorità fiscali di uno Stato". Per Bruxelles invece "le autorità italiane non hanno dimostrato" che per il tipo di merci in questione è impossibile fare un controllo attraverso i mezzi convenzionali, circostanza che avrebbe giustificato la necessità di un simile provvedimento. Inoltre, il Governo l'aveva pensata come misura anti-evasione, ma la Commissione "ha seri dubbi che avrebbe l'impatto positivo che si aspettano le autorità italiane", perché è adatta alla prevenzione delle 'frodi carosello' ma non di tutte le altre che portano all'evasione dell'Iva. La misura era prevista dall'ultima legge di Stabilità messa a punto proprio dal governo Renzi. Introdotta dalla legge di Stabilità, la reverse charge introduce un diverso meccanismo di applicazione dell’Iva allargandola alla grande distribuzione ed eliminandone la possibilità di detrazione. Si tratta, come dice appunto l’espressione inglese, di un’inversione contabile e stabilisce che il destinatario di una cessione di beni o prestazione di servizi, se soggetto passivo nel territorio dello Stato, deve pagare l’imposta in luogo del cedente o prestatore. Quest’ultimo riceve dal cliente così l’importo del bene ceduto o della prestazione eseguita, in modo tale da essere esonerato dall’obbligo di versare l’Iva dell’operazione eseguita. In realtà scopo della norma è quello di evitare le frodi Iva, in quanto il cedente non corre il rischio di «dimenticare» il versamento dell’Iva mentre il cessionario non può «dimenticarsi» di annotare l’Iva perché altrimenti sarebbe nulla la registrazione. Per gli industriali, tale meccanismo penalizzerebbe in particolar modo la grande distribuzione e per questo motivo suggerivano che andasse incrementata la soglia di compensazione dei crediti Iva fino a 1 milione di euro e fossero assicurati fondi adeguati per i rimborsi.

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