Il bombardamento egiziano su Sirte |
ROMA, 16 gennaio - Sono arrivati a Pratica di Mare i cittadini italiani rimpatriati dalla Libia. Sul volo c'erano una ventina di passeggeri, tra i quali anche l'ambasciatore italiano a Tripoli. Intanto di fronte alle nuove minaccie dell'Isis il premier Renzi frena su un intervento militare in Libia. L'unica strada percorribile è quella diplomatica, spiega in un'intervista al Tg5, "la comunità internazionale se vuole ha tutti gli strumenti per poter intervenire. La forza dell'Onu è decisamente superiore alle milizie radicali".
Intanto il Ministro Alfano ha convocato una riunione in Viminale. Di una missione Onu nel paese il premier ha parlato anche con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. In un lungo colloquio telefonico i due leader hanno parlato della lotta contro il terrorismo, con particolare riguardo alla situazione libica e ai passi politici e diplomatici, nel quadro del Consiglio di sicurezza Onu, per riportare sicurezza e pace nel Paese.
Appello all'Onu anche dal presidente francese Francois Hollande e dal capo di stato egiziano: dopo un colloquio telefonico chiedono una riunione d'urgenza del Consiglio di sicurezza dell'Onu sulla situazioni in Libia e "nuove misure" contro i jihadisti dello Stato islamico. L'esercito del Califfo controlla infatti un'ampia fascia del Paese, secondo fonti libiche vicine al Governo e al Parlamento di Tobruk, riconosciuti dalla comunità internazionale, "le bandiere nere dell'Isis sono già a Tripoli, si vedono sventolare dalle macchine che si aggirano nella capitale libica: prima erano poche, nascoste, adesso si stanno moltiplicando e la situazione è gravissima.
Dopo le minacce del Califfato all'Italia "crociata" e la disponibilità del governo "a fare la propria parte in una missione Onu" - piano che ha ricevuto anche il plauso di Silvio Berlusconi - giovedì il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni riferirà in Parlamento sulla questione libica. Intanto il Premier detta la linea: l'Italia è pronta ad agire "nel quadro delle decisioni delle Nazioni Unite".
Abdullah al Thani, il premier del governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale, chiede all'Occidente di sferrare un'offensiva aerea contro i jihadisti che controllano Tripoli altrimenti -avverte- "la minaccia arriverà in Italia".
Chi sono gli italiani in Libia: dei circa 200 che abitavano o si trovavano in Libia, la metà ha preso la via del ritorno. In maggioranza si tratta di personale - tecnici, dirigenti e amministrativi - delle aziende che hanno mantenuto una presenza nell'ex Paese di Gheddafi. Finchè è rimasta aperta, ultimo presidio occidentale, c'era il personale dell'Ambasciata di Tripoli. E poi una piccola comunità di italo-libici che affonda le proprie radici nel passato coloniale.
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