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| Zaur Dadayev |
"Ero con il mio compagno d'armi Ruslan Iusupov - prosegue il tabloid - e mi hanno detto che se avessi confessato lo avrebbero lasciato andare. Ho detto di sì, ho pensato di salvarlo, volevo arrivare a Mosca vivo, altrimenti mi poteva capitare quello che è successo a Shavanov. Dicono che lui si è fatto esplodere con una granata", ha spiegato, riferendosi al suo compagno di battaglione che si sarebbe suicidato mentre era accerchiato dalle forze dell'ordine nel suo appartamento a Grozny.
"Pensavo che mi avrebbero portato a Mosca e che avrei potuto raccontare tutta la verità in tribunale ma il giudice non mi ha dato neppure la possibilità di parlare", ha aggiunto. "Ho combattuto il crimine e protetto gli interessi russi per undici anni e non mi è stato consentito di parlare perché non ho avuto tempo di studiare il codice penale", ha riferito. "Ma chi può provare che sono innocente? Con me c'era anche Alì Matiev (personaggio non meglio precisato, ndr) e lui potrebbe confermare ma dove sta?", chiede.
"Il 28 febbraio mi hanno congedato e in una settimana mi sono ritrovato da eroe a criminale pericoloso", conclude, riferendosi alle sue dimissioni dal battaglione Sever il giorno dopo l'omicidio.

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