mercoledì 11 febbraio 2015

OBAMA chiede al Congresso "poteri di guerra" contro l'Isis


WASHINGTON, 11 febbraio - Il presidente Barack Obama ha inviato al Congresso una proposta per chiedere l'autorizzazione all'uso della forza militare contro lo Stato Islamico, che rappresenta "una grave minaccia".
Obama vorrebbe un'autorizzazione estesa a tre anni, senza limitazioni per i militari. Nella bozza si parla di "operazioni di combattimento durature", un termine volutamente ambiguo che potrebbe soddisfare sia chi vuole le truppe di terra sia chi è contrario.

Più di 3mila i foreign fighters occidentali 
Tra i circa 20mila foreign fighters, i combattenti stranieri che in Iraq e in Siria hanno raggiunto la fila dell'Isis o di altri gruppi estremisti islamici, circa 3.400 provengono da Paesi occidentali. Lo sostengono fonti dell'intelligence Usa.
Tra questi almeno 150 americani hanno tentato di raggiungere l'Isis ed alcuni di loro si troverebbero in Siria: è quanto hanno detto da fonti ufficiali alla commissione sicurezza interna della Camera dei Rappresentanti Usa.
Nick Rasmussen, responsabile del National Counterterrorism Center (Ncc) ha spiegato che il numero attuale di foreign fighters in Siria è senza precedenti: sono molto di più rispetto a quelli che si erano recati in Afghanistan, Pakistan, Iraq, Yemen e Somalia negli anni scorsi.


Italiano tra i combattenti anti Isis a Kobane
Da cooperante a soldato. E' la storia di Marcello Franceschi, 25 anni, di Senigallia nelle Marche, arrivato inizialmente in Siria per portare aiuto ai curdi. Dopo aver visto gli orrori della guerra, però, decide di imbracciare il fucile e combattere a Kobane contro gli estremisti dell'Isis. "Ho visto gli occhi dei bambini che lottano - racconta a Vanity Fair - e ho scelto di aiutarli". Dalla Turchia entra in Siria da clandestino. Poi inizia l'addestramento. Quello che colpisce Marcello è la gentilezza dei curdi. Presto è mandato in prima linea. Con la sua unità, si trova a pochi metri dal nemico: il compito è controllare i movimenti degli estremisti. "Esplosioni, pallottole, cannonate sono continue. Devi stare sempre con gli occhi aperti", spiega. 
 La sua scelta non ha entusiasmato la famiglia. "Il nostro progetto si chiamava Rojava calling. Mi sono staccato dai centri sociali e ho informato pochissime persone. A mia madre ho detto la verità. Non era d'accordo. Anche alla mia ragazza ho detto la verità. Mi ha fatto promettere che l'avrei fatto solo questa volta". 
La vita è al fronte è ovviamente dura: freddo, poco cibo e soprattutto mancanza di sonno. In conto bisogna anche mettere la perdita dei commilitoni colpiti a morte. Ma questo non spaventa il nostro connazionale: "Sono pronto a morire per quello in cui credo".

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