LECCE, 12 maggio - La presidente dell'associazione antiracket Salento, Maria Antonietta Gualtieri, leccese 62enne, è stata arrestata con l'accusa di truffa aggravata, peculato e frode nella percezione di fondi pubblici destinati alle vittime del racket e dell'usura. Assieme a lei è stato arrestato Pasquale Gorgoni, funzionario dell'ufficio patrimonio ed ex addetto dell'ufficio casa. In carcere anche Giuseppe Naccarelli, 47 anni, ai domiciliari Serena Politi, collaboratrice della Gualtieri. Interdizione all'esercizio delle pubbliche funzioni per l'assessore comunale Attilio Monesi.
La somma che sarebbe stata indebitamente percepita dal 2012 ammonta a oltre due milioni di euro. L'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Lecce, Giovanni Gallo, è stata eseguita dalla gdf.
L'INDAGINE. Secondo le accuse, i finanziamenti indebitamente percepiti dalla locale associazione antiracket erano destinati a rafforzare le iniziative in materia di contrasto al racket ed all’usura attraverso l’istituzione di tre sportelli nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto aventi il fine di prestare assistenza alle vittime di tali reaticon l’ausilio di specifiche figure professionali quali avvocati, commercialisti, esperti del settore bancario. L’attività di indagine avrebbe svelato «l'esistenza di un sodalizio criminale capeggiato dal presidente dell'associazione, Maria Antonietta Gualtieri, che, avvalendosi dell'apporto di numerosi altri soggetti, per lo più inquadrati all'interno di detta associazione oltre che di pubblici amministratori e privati imprenditori, ha posto in essere plurime condotte delittuose volte al fraudolento accesso a finanziamenti in grave danno del Bilancio statale e della Comunità Europea».
La ricostruzione dei fatti avrebbe evidenziato come, aI fine di percepire indebitamente i suddetti fondi, Ia presidente «nel maggio 2012 avesse stipulato apposita convenzione con I'Ufficio del Commissario Antiracket istituito presso il Ministero dell'lnterno e con le amministrazioni comunali di Lecce, Brindisi e Taranto per I’istituzione di 3 sportelli antiracket presso ciascun capoluogo, aventi il fine di prestare assistenza alle vittime del racket e dell'usura e favorire l'accesso ai finanziamenti previsti dal Fondo di Solidarietà.
L'indagine così condotta ha permesso di accertare come tale Associazione ed i relativi Sportelli fossero di fatto non operativi e costituiti all'unico fine di frodare i finanziamenti pubblici mediante: la fittizia rendicontazione di spese per il personale ivi impiegato; l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti afferenti l'acquisizione di beni e servizi; la rendicontazione di spese per viaggi e trasferte in realtà mai eseguite; la falsa attestazione del raggiungimento degli obiettivi richiesti dal progetto in termini di assistenza ai nuovi utenti e numero di denunce raccolte».
«L'associazione - si legge ancora nelle carte - nel perseguire i propri affari illeciti ed accedere ai contributi, avrebbe stipulato contratti di collaborazione con dipendenti fittizi e compiacenti professionisti, emettendo false buste paga, ovvero ricevendo fatturazioni per prestazioni professionali inesistenti. Le somme indebitamente percepite dai fittizi collaboratori grazie alle false rendicontazioni presentate all’Ufficio del Commissario Antiracket, venivano successivamente restituite in contanti alla stessa presidente dell’Associazione. Un particolare non è sfuggito agli inquirenti: venivano fatte salve le ritenute previdenziali e assistenziali. Nel perseguire iI disegno delittuoso, l'organizzazione documentava inoltre l'esistenza di spese fittizie per l’acquisizione di beni e servizi quali inesistenti promozione di campagne pubblicitarie ed interventi di manutenzione presso le tre sedi, predisponendo una serie di documenti, anche di natura fiscale, idonei a dimostrare il regolare svolgimento delle procedure di selezione delle aziende fornitrici e l'avvenuto pagamento delle prestazioni. Anche in questo caso il meccanismo prevedeva che i finanziamenti indebitamente percepiti venissero dapprima bonificati in favore delle ditte esecutrici a pagamento delle forniture e successivamente restituiti in contanti per un importo pari alla differenza tra l’importo fatturato e una quota del 20%, quale “compenso” alla stessa azienda fornitrice, cui veniva aggiunto il rimborso delle spese effettivamente sostenute per la predisposizione della campionatura da trasmettere al Ministero.
Le indagini permettevano, altresì, di accertare l’illecita percezione di finanziamenti destinati alle opere infrastrutturali e all’acquisto degli arredi presso le sedi di Lecce e Brindisi denotando dirette responsabilità a carico degli amministratori comunali e dei direttori dei lavori coinvolti nel rilascio delle autorizzazioni e nei pagamenti delle relative opere».
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