venerdì 26 febbraio 2016

Commissione UE: la stentata ripresa dell'ITALIA mette a rischio la crescita dell'EUROPA

BRUXELLES, 26 febbraio -  L'Italia "è fonte di potenziali ricadute sugli altri Stati membri dell'Eurozona". E' quanto emerge dal rapporto della Commissione Ue sugli squilibri macroeconomici dello Stivale. "Le debolezze strutturali continuano a frenare la capacità dell'Italia di crescere e reagire agli shock economici", e quindi "la ripresa modesta e le debolezze strutturali del Paese influiscono negativamente sulla ripresa e sul potenziale di crescita dell'Europa".
"Spesa in costante crescita e sbilanciata" - Una spesa pubblica in "costante crescita, sempre più sbilanciata" a favore degli anziani e sulla quale pesano costi del servizio del debito "molto maggiori" rispetto al resto della zona euro, sottolinea la Commissione Ue. "Resta pressante - si legge nel documento - la sfida della sostenibilità del debito": per rispettare la regola del Patto di stabilità "sarà necessario un avanzo primario molto elevato, nell'ordine del 4%".

Tutti questi elementi "rischiano di incidere sull'anemica crescita potenziale del Paese". Da qui la necessità di "attuare pienamente le riforme delle pensioni, specie quella del 2012, e procedere a una revisione sistemica della spesa a tutti i livelli di governo" che possa accrescerne l'efficienza e renderla più orientata alla crescita. 

"Fuga di cervelli può compromettere la crescita" -L'aumento di emigrazione - sottolinea ancora il rapporto - riflette le migliori opportunità e condizioni di lavoro all'estero. I sondaggi indicano che, rispetto ai loro omologhi che lavorano in Italia, i giovani laureati italiani che lavorano all'estero non solo guadagnano di più ma sono più spesso assunti con contratti a tempo indeterminato e ritengono che la loro qualifica ufficiale sia più idonea per il lavoro che svolgono. 

In particolare, tra gli italiani in possesso di un dottorato, quelli che lavorano all'estero affermano di avere migliori opportunità di lavoro e retribuzioni molto più elevate. Ciò spiega la loro bassissima propensione a voler tornare in Italia. Di conseguenza questo fenomeno non rientra nella definizione di "circolazione di cervelli", cioè quando persone si recano temporaneamente all'estero per studiare o lavorare, ma poi tornano nel Paese d'origine.

Quanto ai danni sociali, il rapporto osserva che la "fuga dei cervelli" comporta un duplice costo finanziario: in primo luogo la spesa pubblica sostenuta per l'istruzione di studenti che poi lasciano definitivamente il Paese, e, in secondo luogo, in termini di futura perdita di gettito da imposte contributi sociali che i migranti altamente qualificati avrebbero pagato lavorando in Italia.

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