venerdì 18 aprile 2014

Gabriel Garcia Màrquez (1928-17 aprile 2014)



Non si muore quando si deve, ma quando si può. (Cent’anni di solitudine, 1968)


È morto ieri sera  Gabriel Garcia Marquez. Lo scrittore colombiano, 87 anni compiuti lo scorso marzo, era malato da tempo. Lo scorso 3 aprile era stato ricoverato in un ospedale di Città del Messico per disidratazione e infezione alle vie respiratorie e urinarie. Le sue condizioni si sono poi aggravate, è morto nella sua casa nella capitale messicana. Gabriel Garcia Marquez nasce ad Aracataca, un paesino fluviale della Colombia. Primogenito di 16 figli, il padre è un telegrafista, la madre una chiaroveggente, lo scrittore si trasferisce a Bogotà dove frequenta la facoltà di giurisprudenza e inizia a scrivere i suoi primi racconti, pubblicati nelle riviste. Trascorre parte della sua vita all'estero: per brevi periodi anche a Londra, Roma, Parigi poi in Venezeuela e in Messico.  "Gabo", come lo chiamavano, è stato insignito nel 1982 del Premio Nobel per la letteratura; padre del realismo magico, il suo romanzo più famoso, "Cent'anni di solitudine" del 1967, la storia lunga un secolo della famiglia Buendia, è stato votato durante il IV Congresso internazionale della Lingua Spagnola, nel 2007, come seconda opera in lingua spagnola più importante mai scritta. Il romanzo ha venduto 60 milioni di copie in più di 37 lingue. Tra i suoi romanzi più celebri "L’autunno del patriarca», «Cronaca di una morte annunciata», «L’amore ai tempi del colera» fino alla sua ultima opera narrativa "Memoria delle mie puttane tristi", un romanzo che racconta la storia di un vecchio giornalista che, a novant'anni, trascorre una notte con una ragazzina illibata, rimanendone piacevolmente sconvolto al punto da incominciare, quasi, un nuovo percorso di vita. Gabriel Garcia Marquez oltre ad essere uno scrittore per anni è stato anche un grande giornalista: ha raccontato i più drammatici avvenimenti, dalle rivoluzioni di Cuba e del Portogallo alla tragedia cilena, al Che, ai cubani in Angola, ai montoneros, ai dittatori centroamericani, alla Spagna postfranchista di Felipe Gonzalez. La figura di Gabo non è legata solo alla sua attività letteraria ma si intreccia anche alla storia del Sudamerica. Difese la rivoluzione castrista a Cuba, amico intimo di Fidel Castro lo definì "uno dei grandi idealisti del nostro tempo'', anche se chiese sempre a Fidel più democrazia, è accanto a lui all'Avana alla messa del Papa durante la storica visita pontificia del 1998. Subito dopo la notizia della morte arriva il tweet di condoglianze del presidente colombiano Juan Manuel Santos, "Mille anni di solitudine e tristezza per la morte del più grande dei colombiani di tutti i tempi. Solidarietà e condoglianze a Gabo e la famiglia". Proclamati tre giorni di lutto nazionale. "Caro Gabo, una volta mi hai detto che la vita non è quella che uno ha vissuto, bensì quella che uno ricorda e come la ricorda per raccontarla. La tua vita, caro Gabo, la ricorderemo come un regalo unico e irrepetibile, il più originale dei racconti": è il messaggio postato da Shakira su Twitter a commento della morte dello scrittore. "Il mondo perde uno dei suoi più grandi scrittori visionari", ha detto il presidente degli Stati Uniti, Obama, salutando l'autore di 'Cent'anni di solitudine'. Lo scorso mese per il suo compleanno era stato festeggiato da amici e sostenitori, che gli avevano portato torta e fiori fuori dalla sua abitazione a Città del Messico. L'amica di Garcia Marquez Elena Poniatowska, giornalista e scrittrice messicana, ha detto di averlo visto l'ultima volta quando lui è andata a trovarla a casa sua lo scorso novembre con un bouquet di rose gialle. Il bouquet compare spesso nel romanzo di Marquez "Cent'anni di solitudine". 

Nessun commento:

Posta un commento