RIAD - All'improvviso, ma ci lavorava da tempo, l'81enne Re Salman dell'Arabia Saudita ha emanato un decreto col quale nomina suo figlio, il 31enne Mohammed bin Salman, suo diretto erede al trono. Il principe scavalca così il cugino, il 57enne Mohammed bin Nayef, che fino a ieri era il primo nella linea di successione. Una decisione che vuol dare un'idea di rinnovamento per quella che è considerata una delle monarchie più conservatrici al mondo.
Inoltre ci si aspetta un minimo di prospettiva di stabilità e continuità lungo gli anni al trono a una monarchia oggi retta da settantenni (se va bene) e ottantenni, che per ragioni anagrafiche e di successione "naturale" ha visto alternarsi quattro re in poco più di quarant'anni. Una decisione presa da un re, Salman salito al trono solo due anni fa alla morte del fratello Abdullah ma che non gode di buonissima salute. E che, di fatto, pur decretando una successione padre-figlio, compie un balzo generazionale di 50 anni.
L'ascesa del giovane e barbuto bin Salman, avvocato di professione, è stata rapida, sotto gli auspici del padre re, ed è ora quasi un "trait d'union" fra il chiuso dei palazzi reali e le nuove generazioni di sauditi, presso le quali è popolare. Apprezzato il suo lavoro al governo, dove ha sostituito ingranaggi inefficienti con giovani tecnici filo-occidentali. Molti osservatori notano come la sorpresa del decreto reale fosse stata preceduta da vari segnali che potevano essere letti e interpretati. Come il fatto che negli ultimi tempi Mohammed bin Salman (la preposizione "bin" indica l'essere "figlio di") sia stato affidato sempre più potere - era ministro della Difesa e da oggi è anche vice primo ministro -, mentre al cugino Mohammed bin Nayef ne è stato sottratto.
Il cambiamento - approvato a maggioranza dal Consiglio di Fedeltà - l'organo che certifica la correttezza della successione dinastica - arriva nel pieno di cambi critici e di nuovi impulsi geopolitici, come il recente isolamento del Qatar: una posizione sulla quale l'egemone Riad ha portato quasi tutte le altre monarchie sunnite del Golfo. Ma anche la tensione crescente con l'Iran; la guerra nello Yemen, per ora fallimentare, ma sulla quale sauditi sono risoluti; il deciso riavvicinamento strategico all'America, dopo decenni di tentennamenti, e il conseguente rafforzamento dei contratti per la difesa.
E infine, la diversificazione economica e l'allontanamento progressivo dalla "monocoltura" del petrolio: tutti cambi di passo sul quale il giovane principe ha messo lo zampino come ministro della Difesa, e sui quali, evidentemente, la monarchia conta di consolidare il proprio percorso negli anni a venire.
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