sabato 25 giugno 2016

PADOAN e la BREXIT: Ue, c'è un problema di consenso sociale diffuso


ROMA 25 giugno – Brexit. il giorno dopo. La Gran Bretagna ha scelto: lascerà l’Unione europea. Cosa succede, adesso, all’Ue? “Dobbiamo pensare l’impensabile. C’è un cocktail di fattori che potrebbe portare a varie soluzioni, compresa un’ulteriore spinta alla disintegrazione. C’è un’insoddisfazione profonda su immigrazione, sicurezza, economia: l’occupazione e la crescita migliorano, ma non abbastanza. E c’è la tendenza a pensare che le soluzioni nazionali funzionino meglio di quelle europee“, dice il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, in una intervista al Corriere della sera, commentando la Brexit.
“L’Europa non può occuparsi solo di banche. Le stiamo stabilizzando, continueremo a farlo; ma dobbiamo occuparci anche dei cittadini. Perché qui c’è un problema di consenso sociale diffuso: bisogna che i cittadini ricomincino a pensare che l’Europa sia una buona idea”, sottolinea. Bisogna “cambiarla e rilanciarla”.
Secondo Padoan “si è avviata una doppia reazione a Brexit, finanziaria e politica. Ma la reazione finanziaria, almeno finora, è limitata. Mi preoccupa di più quella politica“. Infatti “si levano voci dall’ Olanda e da altri Paesi del Nord, oltre ovviamente a Marine Le Pen in Francia, che chiedono altri referendum per uscire dall’Europa”.
Ora, insiste Padoan, “dobbiamo ripensare le grandi priorità. Vedremo se il prossimo Consiglio europeo darà una sterzata a tutto campo, come dovrebbe“. Per quanto gli effetti della Brexit nel Regno Unito il ministro dell’Economia continua a pensare che “avrà danni economici significativi. Si sentiranno soprattutto nel medio periodo”. E in Italia? “Qualcosa cambia: facciamo parte di un’ area integrata. Forse cambia meno che per altri Paesi. Lo ripeto: l’impatto su mercati finanziari, Borse, titoli di Stato non riguarda in particolare l’Italia”.
Però “non è da escludere che in seguito alla Brexit, per ragioni indipendenti da noi, il quadro economico peggiori, e ci sia una minore crescita. Questo avrebbe ripercussioni sulla finanza pubblica. Mi auguro di no. Ma è nell’ordine delle cose”.
Infine, l’impegno del ministro al referendum italiano sulle riforme costituzionali. “Da molto tempo continuo a dire, in tutti i posti dove vado, che le riforme istituzionali sono importanti in sé e sono importanti per l’ economia. Questo nella discussione non lo sento, sento anzi gente dire che le riforme non servono a niente. Mi impegno e mi impegnerò a far sì che gli italiani le approvino”.

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