ROMA, 18 aprile - Matteo Renzi incassa il risultato referendario, con il quesito sulle trivelle che non ha raggiunto il quorum necessario e si è fermato al 31,18%, e guarda alla prossima consultazione popolare, quella sulla riforma costituzionale che si terrà a ottobre come al vero traguardo per il governo. Ma il fronte del sì mette in guardia: 16 milioni di elettori hanno comunque votato e 12 milioni hanno detto sì, non se ne può non tener conto.
Basta polemiche, aveva invocato nella notte il premier, a caldo, facendo notare che la spallata preconizzata era fallita. Ma aveva anche parlato di referendum strumentale e di sconfitti con nomi e cognomi, a cominciare da qualche presidente di Regione.
"Credo che sia un risultato intelligente", ha commentato stamane il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Il giorno dopo il dibattito sul risultato è immancabile. Matteo Salvini taglia corto: tutti esultano ma in realtà "vince l'arroganza". "Il referendum ieri è diventato l'ennesimo terreno di scontro tra bande del Pd e quando cittadini lo hanno capito lo hanno snobbato" minimizza Luigi Di Maio, esponente del Movimento 5 stelle e vicepresidente della Camera.
"Abbiamo uno zoccolo duro di quasi 16 milioni di cittadini, tutti potenziali voti contro Renzi al referendum costituzionale, quello della vita per il segretario-premier" nota Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera. "E' stato uno straordinario successo", "avevo detto che sarebbe stato un successo avere dieci milioni di voti. Siamo andati ben oltre. E' il secondo referendum più partecipato negli ultimi 15 anni, dopo quello sull'acqua. E' più Di quanto ha preso il Pd alle Europee" assicura Michele Emiliano, tra i promotori del referendum.
"I 16 milioni che hanno votato sono un deposito di democrazia, sbaglia Renzi a non valorizzarli e a denigrarli" incalza Artuto Scotto, di Si. Va al di là del merito invece il commento della leader Cgil Susanna Camusso: "Mi pare sia un risultato non all'altezza del bisogno di partecipazione che c'è in questo Paese. Continuiamo ad essere convinti che, invece, essendo il voto il luogo di legittimazione democratica per tutti, sia bene smettere con una politica che favorisce la non partecipazione".
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