ROMA - Negli scorsi mesi di ottobre e novembre 2013, Isnart ha realizzato una prima analisi la definizione del contesto del problema della contraffazione del Made in Italy sul web. Obiettivo della ricerca è stato non quantificare il fenomeno, ma cercare di comprendere i contenuti dello stesso e di delinearne la cornice.
A livello operativo, si sono analizzate le due macroaree più colpite, ovvero il settore agroalimentare ed il settore della moda e del lusso.
Si è dunque provveduto ad identificare una rosa di siti di vendita e distribuzione dei prodotti del falso Made in Italy e se ne sono osservati e descritti i contenuti in particolare in riferimento a: la tipologia dei prodotti, i produttori e i marchi, la presunta e reale origine dei prodotti e le nazioni estere maggiormente coinvolte, la clientela, le quantità proposte e i prezzi di vendita.
La metodologia
La ricerca si è sviluppata nell’arco di un mese ed è stata mediante la tecnica dell’indagine documentale ricercando, osservando ed analizzando i siti di interesse e le singole pagine del mondo Web. Non uno studio esaustico vel fenomeno, ma un primo modo per cercare di dare risposte a domande quali: chi fa cosa? Dove lo fa? Chi compra?
Lo studio ha avuto inizio consultando il testo di un rapporto sviluppato sul tema da parte dell’IPR (Intellectual Property Right) Desk di New York nell’ottobre 2010: “Rapporto sulla contraffazione negli Stati Uniti, approfondimento sui prodotti italiani falsificati” e quello di una Risoluzione della Camera del 7 febbraio 2007, “Made in Italy”. Successivamente si è ampliato il raggio delle informazioni disponibili attraverso la consultazione articoli di cronaca, infine visitando i siti web degli stessi produttori e distributori.
Durante la ricerca si è riscontrata la presenza di altri settori/categorie merceologiche colpiti dal fenomeno della contraffazione, ossia ceramica, farmaceutica e meccanica. Si è reputato tuttavia maggiormente utile, in questa fase, non disperdere risorse e restare focalizzati sui due settori precedentemente citati, che in ogni caso risultano i più colpiti, in modo da avere un più preciso quadro di riferimento, per le eventuali azioni successive.
In particolare, questa è una sintesi dei risultati emersi durante la fase dedicata alla contraffazione agroalimentare.
L'analisi
Come già specificato, la ricerca di ipotetici produttori e/o distributori dei prodotti contraffatti è stata effettuata sulla base di informazioni documentali o mediante investigazione diretta sui principali motori di ricerca web.
I siti dei produttori e distributori di prodotti rilevati sono stati raggruppati per tipologia di prodotto e si è proceduto ad analizzarne il contenuto concentrandosi in particolar modo su quattro aspetti:
A livello operativo, si sono analizzate le due macroaree più colpite, ovvero il settore agroalimentare ed il settore della moda e del lusso.
Si è dunque provveduto ad identificare una rosa di siti di vendita e distribuzione dei prodotti del falso Made in Italy e se ne sono osservati e descritti i contenuti in particolare in riferimento a: la tipologia dei prodotti, i produttori e i marchi, la presunta e reale origine dei prodotti e le nazioni estere maggiormente coinvolte, la clientela, le quantità proposte e i prezzi di vendita.
La metodologia
La ricerca si è sviluppata nell’arco di un mese ed è stata mediante la tecnica dell’indagine documentale ricercando, osservando ed analizzando i siti di interesse e le singole pagine del mondo Web. Non uno studio esaustico vel fenomeno, ma un primo modo per cercare di dare risposte a domande quali: chi fa cosa? Dove lo fa? Chi compra?
Lo studio ha avuto inizio consultando il testo di un rapporto sviluppato sul tema da parte dell’IPR (Intellectual Property Right) Desk di New York nell’ottobre 2010: “Rapporto sulla contraffazione negli Stati Uniti, approfondimento sui prodotti italiani falsificati” e quello di una Risoluzione della Camera del 7 febbraio 2007, “Made in Italy”. Successivamente si è ampliato il raggio delle informazioni disponibili attraverso la consultazione articoli di cronaca, infine visitando i siti web degli stessi produttori e distributori.
Durante la ricerca si è riscontrata la presenza di altri settori/categorie merceologiche colpiti dal fenomeno della contraffazione, ossia ceramica, farmaceutica e meccanica. Si è reputato tuttavia maggiormente utile, in questa fase, non disperdere risorse e restare focalizzati sui due settori precedentemente citati, che in ogni caso risultano i più colpiti, in modo da avere un più preciso quadro di riferimento, per le eventuali azioni successive.
In particolare, questa è una sintesi dei risultati emersi durante la fase dedicata alla contraffazione agroalimentare.
L'analisi
Come già specificato, la ricerca di ipotetici produttori e/o distributori dei prodotti contraffatti è stata effettuata sulla base di informazioni documentali o mediante investigazione diretta sui principali motori di ricerca web.
I siti dei produttori e distributori di prodotti rilevati sono stati raggruppati per tipologia di prodotto e si è proceduto ad analizzarne il contenuto concentrandosi in particolar modo su quattro aspetti:
• Quali sono i prodotti maggiormente coinvolti?
• Chi li produce?
• Dove?
• Chi compra?
Anzitutto occorre dire che nel caso dei prodotti agroalimentari la contraffazione si basa fondamentalmente sullo sfruttamento dell’italian sounding, ovvero della fama che i prodotti italiani hanno per la loro elevata qualità. Non sono stati rilevati casi, comuni invece nell'ambito moda/lusso, in cui la contraffazione sia caratterizzata (soprattutto nei Paesi asiatici) da una vera e propria falsificazione, con la riproduzione dei prodotti di marche prestigiose
I prodotti dell’enogastronomia maggiormente colpiti dal fenomeno della contraffazione risultano essere:
• Formaggi, in particolare quelli tipici come Parmigiano Reggiano, Asiago, ricotta, gorgonzola, mozzarella, provolone
• Vini e liquori
• Olio d’oliva
• Pasta, alimentare e fresca
• Sughi e salse di pomodoro
• Pomodori pelati e conserve di pomodori
• Salumi e affettati
I Paesi maggiormente coinvolti nel fenomeno della contraffazione di prodotti agroalimentari risultano essere:
Nazioni extraeuropee (in ordine alfabetico)
• Argentina: parmigiano
• Australia: parmigiano, mozzarella, ricotta, salsa di pomodoro
• Brasile: parmigiano, ricotta
• Canada: parmigiano
• Cina: parmigiano, caciotta, salsa di pomodoro, pomodorini di collina
• India: gorgonzola
• Stati Uniti (Wisconsin, California, Minnesota, New York, New Jersey, Illinois, Texas, Kentucky): formaggi – tra cui parmigiano, mozzarella, provolone - pomodori pelati e conserve di pomodori, sughi, pasta, vini, olio d’oliva
Nazioni europee (in ordine alfabetico)
• Austria: gorgonzola
• Belgio: gorgonzola, parmigiano
• Estonia: salsa di pomodoro
• Germania: gorgonzola, vini
• Gran Bretagna: parmigiano, affettati
• Portogallo: pasta
• Romania: vino barbera
• Spagna: olio d’oliva
Il sistema di produzione di prodotti imitativi sembra essere costituito da:
A. Piccole e piccolissime aziende, tipiche della tradizione americana, a diffusione locale (sono da considerarsi quelle che offrono esempi di fake più fantasioso e grossolano ma per certi versi anche più dannosi all’immagine dei prodotti autentici italiani);
B. Aziende di medie dimensioni a diffusione nazionale come Bel Gioioso, Primo Taglio, Pollyo, Progresso, Sorrento;
C. Aziende controllate da multinazionali come Nestlè, Kraft, Heinz, General Mills, Campbell.
Dai siti identificati non è stato possibile individuare un profilo specifico dei compratori.
Si possono comunque distinguere i tre livelli geografico, analizzando il target di clientela a cui si rivolgono produttori e distributori ed eventualmente i siti di e-commerce a cui affidano la vendita.
A. Internazionale (Es. www.alibaba.com, www.21food.com, www.amazon.com, www.ebay.com)
B. Nazionale (Es. www.bookhams.com in UK, www.dcicheeseco.com e www.schurmanscheese.com in USA-Wisconsin,www.queijosnobrasil.com.br e www.latscala.com.br in Brasile)
C. Locale (Es. www.greatolives.com della famiglia Penna in USA-California). Per quanto analizzato si tratta per lo più di vendita a privati compratori.
Nel settore agroalimentare i prezzi dei prodotti contraffatti sono prezzi di mercato legali e corretti, ovvero la contraffazione non si basa tanto sulla riduzione del prezzo quanto piuttosto sulla fama che il prodotto italiano ha per qualità, il cosiddetto ”Italian Sounding”.
Si sottolinea, però, anche il fatto che i prodotti così contraffatti vengono a volte dichiaratamente venduti come sostitutivi di prodotti italiani originalidifficilmente reperibili in loco, dai prezzi esorbitanti o comunque soggetti a deperimento per il lungo viaggio.
Conclusioni
Riassumendo quanto emerso dallo studio, è possibile affermare che nel caso dei prodotti agroalimentari la contraffazione si basa fondamentalmente sullo sfruttamento dell’italian sounding, ovvero della fama che i prodotti italiani hanno per la loro elevata qualità.
Una grande diffusione del fenomeno si ha negli Stati Uniti, ma si è rilevato come lo stesso fiorisca in tutto il mondo (anche all’interno dell’Europa stessa) su un’ampia varietà di prodotti, tra cui, in special modo, i formaggi.
I prezzi dei prodotti contraffatti sono "di mercato" e non ribassati: questi prodotti infatti vengono venduti come reali sostitutivi degli originali italiani.
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