lunedì 18 aprile 2016

Fallito a DOHA il vertice dei Paesi petrolieri, il greggio subito cala


DOHA, 18 aprile - Fallito il vertice tra i paesi produttori di petrolio, riuniti a Doha con l'obiettivo di congelare la produzione e far risalire i prezzi del greggio sui mercati internazionali. La tensione tra Arabia Saudita e Iran ha prevalso sulle buone intenzioni delle altre nazioni presenti (Russia, Qatar e Venezuela, Algeria, Angola, Azerbaigian, Ecuador, Indonesia, Iraq, Kazakistan, Kuwait, Messico, Nigeria, Oman, Emirati arabi) e la riunione è stata a lungo interrotta nella ricerca di un compromesso, mai arrivato, sul testo finale dell'intesa.

L'Arabia ha posto il veto su un accordo che non avesse contemplato la partecipazione anche di Teheran. Ma il governo iraniano, da poco uscito dall'embargo che per anni ha tagliato fuori il Paese dal commercio internazionale, ha sin da subito manifestato la sua piena contrarietà ad accettare alcun limite al proprio export petrolifero. Il ministro del Petrolio ha infatti evitato anche solo di partecipare al vertice, definendo nei giorni scorsi le obiezioni saudite "ridicole". La bozza iniziale di accordo di fronte alla quale si sono ritrovati i rappresentanti di molti Paesi Opec, ma anche di non appartenenti all'organizzazione, come la Russia, proponeva di porre come tetto alla produzione i livelli di gennaio scorso, da mantenere intatti fino ad ottobre prossimo. L'Arabia ha insistito perché nel testo comparisse un riferimento esplicito all'Iran, ma tornare ad inizio 2016 avrebbe significato per il Paese tornare in pratica alle sanzioni, proprio ora che l'industria estrattiva è tornata al centro della strategia economica di Teheran. L'obiettivo è quello di arrivare a 4 milioni di barili al giorno entro marzo 2017, circa 800 mila barili in più rispetto a marzo di quest'anno. L'Arabia Saudita produce invece oltre 10 milioni di barili al giorno, ma ha fatto sapere di poter aumentare la produzione di un milione di barili "anche subito". La discussione si è quindi arenata per otto ore per poi concludersi con un nulla di fatto. 

I ministri presenti all'incontro hanno rassicurato sul fatto che le trattative continueranno e probabilmente a giugno sarà organizzato un nuovo vertice internazionale, ma il timore è che a risentirne sia immediatamente il prezzo del petrolio. Il greggio Wti è già arrivato a perdere il 6,8%, la peggior performance giornaliera dal primo febbraio, mentre il Brent ha ceduto fino al 7%. Le quotazioni sono ora in lieve recupero, con il Wti che cede il 4,93% a 38,37 dollari e il Brent che perde il 4,78% a 41,04 dollari.
Si porta quasi in parità Piazza Affari (Ftse Mib -0,05%) nel giorno in cui staccano le cedole alcune blue chips con un'incidenza dello 0,32% sull'indice. Inverte la rotta Saipem (+2,26%), mentre cede ancora Eni (-1,62%), in linea con gli altri titoli del settore in Europa all'indomani del mancato accordo di Doha sulla produzione di greggio. Accelerano Finmeccanica (+2,86%), Anima Holding (+2,63%) e Finecobank (+2,35%), che stacca la cedola insieme a e Mediolanum (+2,38%), Unicredit (+0,97%), Prysmian (+1,11%) e Banco Popolare (+2,13%). Sopra lo zero Ubi (+0,51%) ed Fca (+0,37%), favorita insieme ai rivali europei da uno studio di Goldman Sachs che suggerisce di acquistare i titoli del settore, a sconto del 45% rispetto ai massimi del 2003. Procedono in calo invece Stm (-1,17%), Telecom (-0,78%) e Moncler (-0,69%). Corre Bialetti (+6,79%) tra i titoli a minor capitalizzazione.
   

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