ROMA - L'operazione Poste Italiane per Alitalia non consiste in un "aiuto da parte dello stato", ma piuttosto "nell'individuazione di un'azienda sana che possa fare da partner industriale in un settore che è sempre di più complementare". Per il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, la tesi secondo cui l'ingresso di Poste Italiane nella ex compagnia di bandiera si configura come un aiuto di Stato è da respingere.
Il gruppo postale, che "vede la partecipazione totalitaria del Ministero dell'Economia e delle Finanze" come si presenta esso stesso sul suo sito internet, interverrà con 75 milioni nell'ambito di un'operazione da 500 milioni (300 dai soci e 200 dalle banche) al vaglio di cda e assemblea tra oggi e lunedì. Air France, invece, "è considerato il principale partner internazionale di Alitalia, vediamo cosa farà sull'aumento di capitale, altrimenti si dovrà cambiare partner". Quanto a eventuali sforzi ulteriori, qualora gli altri soci privati non versino i 225 milioni richiesti, Lupi chiude le porte: i 75 milioni sono "la quota che l'azienda può mettere: non possiamo intervenire ulteriormente".
Non la pensa esattamente allo stesso modo il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi: "Sono sempre molto perplesso di fronte agli interventi di una mano pubblica in una società privata, ma passi, se è un cerotto per tamponare una situazione di emergenza". Il leader degli industriali ha sottolineato che "una volta per tutte bisogna fare una riflessione seria per avere un piano di medio-lungo termine". E ancora: "Forse l'Italia è diventato un paese troppo piccolo - ha ribadito il presidente di Confindustria - per permettersi una grande compagnia di bandiera. Bisognerà fare qualche riflessione forte da questo punto di vista". Per Paolo Scaroni, numero uno dell'Eni, l'importante è che si tratti di una soluzione "affidabile": in questo caso, il Cane a Sei Zampe "non fermerà i rifornimenti" di carburante.
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