In Italia l'inflazione ad aprile mette a segno un balzo, salendo su base annua all'1,8% dall'1,4% di marzo. Lo rileva l'Istat nelle stime. Il tasso registra così il livello più alto da oltre quattro anni, ovvero dal febbraio del 2013. L'accelerazione, si spiega, deriva soprattutto dalla crescita dei prezzi dell'energia elettrica, del gas e dalla dinamica dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti. Su base mensile l'indice è in rialzo dello 0,3%.
I prezzi del cosiddetto 'carrello della spesa', che include i beni alimentari, per la cura della casa e della persona, segnano ad aprile un rialzo dell'1,8%, lo stesso tasso annuo che si è registrato per l'inflazione, o meglio per l'indice generale. L'Istat dà conto della frenata rispetto a marzo (+2,3%). Su base mensile si rileva addirittura un calo, con un ribasso dello 0,4%.
Un primo vantaggio della crescita dell'inflazione per l'Italia sè quello di spingere in alto il Pil nominale (calcolato a prezzi correnti). L'obiettivo indicato da Padoan è di una crescita del 3% e per raggiungerlo, secondo il ministro, basterebbe un +1,2% di Pil reale, che si calcola invece mantenendo i prezzi dei beni costanti (ed esprime, quindi, la crescita vera e propria della produzione). Detto altrimenti, all’Italia basterebbe fare un po’ meno di quello che sarebbe necessario, perché al resto penserebbe l'inflazione in crescita.
L'Unione europea, come sappiamo, impone di ridurre, nella misura di un ventesimo, la quota del rapporto debito - Pil (nominale) che eccede la soglia del 60 per cento, il cosiddetto fiscal compact. Riuscendo a mantenere i conti pubblici in ordine e considerando gli interessi sul debito, anche solo una piccola variazione al rialzo dell’inflazione ci consentirebbe di respirare un po’, senza fare i salti mortali (leggi ulteriori tagli alla spesa o tasse), contribuendo a far crescere l'economia italiana. A beneficiare di un aumento dei prezzi, infatti, saranno anche le imprese.
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