RIAD, 2 gennaio - L'Arabia Saudita comincia il 2016 con un tragico record: le 47 esecuzioni capitali, tra cui quella di un noto religioso sciita, l'imam sciita Nimr al-Nimr, scatenano la rabbia dell'Iran e le proteste delle fazioni sciite in Iraq, Libano, Yemen e Bahrein e in molti altri paesi musulmani. In serata convocato l'ambasciatore di Teheran e parla dell'Iran "come stato che sostiene i terroristi". Nemmeno un'ora dopo, assalto all'ambasciata saudita a Teheran. Diversi manifestanti hanno fatto ingresso nella sede dell'ambasciata e hanno dato fuoco all'edificio. Lo riferiscono diversi profili Twitter di giornalisti iraniani.
Nel pomeriggio, era stata devastata la delegazione di Mashad, in Iran.
Nel pomeriggio, era stata devastata la delegazione di Mashad, in Iran.
Il dipartimento di Stato americano lancia un appello all'alleato saudita, affinché protegga e rispetti i diritti umani: "In questo momento le tensioni vanno attenuate non alimentate - dichiara il portavoce della diplomazia americana John Kirby -. Bisogna permettere che manifestazioni di protesta si svolgano in modo pacifico".
Per il governo saudita molte delle persone condannate a morte e giustiziate sarebbero state coinvolte in una serie di attentati compiuti da al-Qaeda tra il 2003 e il 2006. Ma alcuni di essi erano oppositori del regime ultraconservatore e a maggioranza sunnita. Secondo i dati di Amnesty International, l'Arabia Saudita è tra i Paesi con il più alto numero di esecuzioni nel mondo, secondo solo a Cina e Iran: dal 1985 al 2005 sono state messe a morte oltre 2200 persone. Da gennaio ad agosto 2015, le esecuzioni sono state più di 150. Le condanne sono state eseguite tramite decapitazione o per impiccagione.
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