martedì 30 settembre 2014

Terra, malata grave. In 40 anni scomparsa la metà della fauna selvatica

Il rinoceronte è una specie a rischio
PARIGI - L'azione dell'uomo ha causato negli ultimi 40 anni la scomparsa di oltre la metà della fauna selvatica del pianeta. Il dato arriva dal Wwf nel nuovo rapporto 'Living Planet Report 2014'.
Tra il 1970 e il 2010, l'indice 'Pianeta vivente' che misura i mutamenti di 10.000 specie di mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci, si è ridotto del 52% e la "tendenza non mostra segni di rallentamento", sottolinea il rapporto Wwf giunto alla sua decima edizione.

È i programma oggi, martedì 30 settembre, il lancio – in contemporanea mondiale – del rapporto del WWF. A Milano l’evento si inserisce all’interno della road map degli appuntamenti di avvicinamento all’Expo 2015.
Il “Living Planet Report” , pubblicato ogni due anni da WWF, si avvale di prestigiose collaborazioni con istituzioni scientifiche come la Zoological Society of London, il Global Footprint Network, il Water Footprint Network, lo Stockholm Resilience Centre.
Il rapporto dimostra gli effetti delle pressioni dell’uomo sul pianeta e ne esplora le implicazioni per le nostre società, sottolineando l’importanza delle scelte che dobbiamo intraprendere e, quindi, i passi necessari ad assicurare che questo pianeta vivente, l’unico a nostra disposizione, possa continuare a sostenerci tutti, sia adesso sia per le generazioni che verranno.  
La presentazione sarà l’occasione per  comprendere in maniera chiara, attraverso dati, analisi e proposte, qual è l’attuale stato di salute del pianeta e quali gli  indirizzi da seguire per dirigersi verso nuovi sentieri di sostenibilità.
All’evento milanese (inizio ore 11) partecipano tra gli altri, il presidente di WWF Italia Donatella Bianchi; il direttore scientifico di WWF Italia, Gianfranco Bologna; Barbara Degan, sottosegretario al ministero dell’Ambiente; Giosuè D Salvo, coordinatore del Comitato per l’Expo dei Popoli. Previsto un contributo video del ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina.
In meno di due generazioni umane, dunque, le dimensioni della popolazione di specie di vertebrati sono diminuiti della metà. Queste sono le forme viventi che costituiscono il tessuto degli ecosistemi che sostengono la vita sulla Terra - spiega il WWF - e il barometro di quello che stiamo facendo al nostro pianeta, la nostra unica casaIgnoriamo il loro declino a nostro rischio e pericolo. Stiamo usando doni della natura, come se avessimo più di una Terra a nostra disposizione. Prendendo sempre più dai nostri ecosistemi e dsi processi naturali che li riforniscono, stiamo mettendo in pericolo il nostro stesso futuro. La conservazione della natura e lo sviluppo sostenibile vanno mano nella manoEssi non hanno solo il compito di preservare biodiversità e luoghi selvaggi, ma altrettanto di salvaguardare il futuro dell'umanità, il nostro benessere, l'economia, la sicurezza alimentare e la stabilità sociale. Anzi, la nostra stessa sopravvivenza in un mondo in cui tante persone vivono in povertà, può sembrare come se la protezione della natura è un lusso. Ma è tutto il contrario. Per molte delle persone più povere del mondo, è un'ancora di salvezza. È importante sottolineare, però, che siamo tutti sulla stessa barcaAbbiamo tutti bisogno di cibo nutriente, acqua fresca e aria pulita . In qualsiasi parte del mondo in cui viviamo le cose sembrano così preoccupante che può sembrare difficile sentire positivo per il futuro. Difficile, certo, ma non impossibile - dice il WWF -  perché è in noi stessi, che abbiamo causato il problema, che siamo in grado di trovare la soluzione. Ora dobbiamo lavorare per garantire che la prossima generazione sia in grado di cogliere l'opportunità che non abbiamo colto noi di chiudere questo capitolo distruttivo della nostra storia, e costruire un futuro in cui le persone possano vivere e prosperare in armonia con la natura. Siamo tutti collegato e collettivamente, abbiamo il potenziale per creare le soluzioni che salvaguardino il futuro di questo nostro unico e solo pianeta.
   

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