giovedì 20 marzo 2014

Iran, graziata Sakineh, condannata alla lapidazione per l'omicidio del marito

Una manifestazione a favore di Sakineh
TEHERAN - Sakineh Ashtiani, la donna iraniana condannata alla lapidazione nel 2006 con l'accusa di aver ucciso il marito con la complicità dell'amante, è stata graziata e rimessa in libertà. Lo ha annunciato l'avvocato di Pordenone Bruno Malattia che aveva patrocinato il caso al Parlamento europeo. L'amnistia è arrivata dopo otto anni di carcere. La vicenda di Sakineh, oggi 47enne, aveva provocato una mobilitazione internazionale. 
L'annuncio però già in passato aveva avuto diversi precedenti, poi smentiti, che negli scorsi anni provocarono alternanza di sollievo e docce fredde nei governi, nelle organizzazioni per i diritti umani e i media di tutto il mondo. Ora il nuovo annuncio, che attende la conferma dei fatti e che potrebber essere letto come un gesto distensivo nell'ambito del "nuovo corso" impresso alla politica estera dal presidente Hassan Rohani.
L'avvocato Malattia ha precisato che "il provvedimento di clemenza è stato adottato in coincidenza con l'anno nuovo secondo il calendario iraniano (il nuovo anno è il 1393 dall'emigrazione di Maometto dalla Mecca alla Medina)" e che l'annuncio è stato dato da Mahamad Javad Larijiani, responsabile dei diritti umani in Iran e diffuso dalla stampa governativa iraniana (Pars News, Jane Jami, Tesermine).

La lunga vicenda processuale di Sakineh - Sakineh Mohammadi-Ashtiani, 47 anni, di Tabriz, nel nord-ovest dell'Iran, è stata condannata nel 2006, sotto la presidenza di Mahmud Ahmadinejad, alla lapidazione per adulterio, con sentenza poi sospesa nel 2010. Ma ha rischiato poi l'impiccagione in un processo per l'uccisione del marito. Nel 2010 il Comitato internazionale contro la lapidazione, con sede in Germania e guidato dalla dissidente iraniana Mina Ahadi, aveva dato notizia della imminente impiccagione di Sakineh e poco più di un mese dopo del suo rilascio. Notizia smentita dalle autorità iraniane, che l'attribuì ad un'azione di propaganda della stampa occidentale.

La confessione e le accuse di tortura - La tv di Stato iraniana mostrò la donna che confessava l'adulterio e la complicità nell'omicidio del marito: una confessione che il figlio della donna, Sajad Qaderzadeh, disse esserle stata estorta con la tortura. Il figlio aggiunse che ogni giorno a Sakineh veniva detto che sarebbe stata giustiziata l'indomani. Nel 2011 fu dato l'annuncio della sospensione dell'impiccagione, anch'esso smentito dalla magistratura iraniana. Solo nel 2012 gli avvocati dissero che il regime islamico non pensava più alla sua impiccagione ed era propenso a tramutarle la pena in 10 anni di carcere.

L'interessamento italiano - Il caso di Sakineh era stato anche posto all'attenzione del Parlamento Europeo con la predisposizione di un dossier che documentava l'innocenza della donna e le violenze subite dall'avvocato Hutan Kia che in Iran l'aveva difesa. Fra i governi che si mobilitarono in suo favore anche quello italiano, con l'allora ministro degli Esteri Franco Frattini. 

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