Prosegue in Francia e in Libia la ricerca dei genitori di Cisse Namory Cheik, un bambino ivoriano di 5 anni che ha attraversato da solo il Mediterraneo a bordo di un barcone. Il piccolo è approdato sabato 15 luglio a Corigliano Calabro, in provincia di Cosenza, insieme ad altri 900 migranti, ed è ospitato per il momento dalla famiglia di un ispettore di polizia di Rossano.
La prigionia in Libia – Cisse era partito dalla Costa d’Avorio insieme alla madre. Insieme avevano viaggiato per migliaia di chilometri, avevano attraversato il deserto del Sahara ed erano giunti in Libia. Dovevano partire insieme verso l’Europa, ma la donna non aveva abbastanza denaro per pagare la traversata di entrambi. “È stata allora rinchiusa in un lager insieme al bambino”, racconta Franco Corbelli, delegato regionale per la tutela dei diritti umani e fondatore del movimento “Diritti civili”.
La fuga dal lager – Dopo alcuni giorni di prigionia, la madre ha organizzato la fuga del piccolo. Ha chiesto a un suo compagno di viaggio di prendersi cura del bambino e di portarlo sulla nave come se fosse suo figlio. L’uomo ha accettato, e nel corso della traversata ha protetto il piccolo dagli scafisti. Cisse è così giunto in Italia a bordo della Rhein, una nave tedesca. “Ancora adesso, la madre non può sapere che il piccolo ce l’ha fatta”, dice ancora Corbelli.
Il padre in Francia – La madre voleva far ricongiungere Cisse con suo padre, che si trova per ora in Francia. Una Ong sta cercando di rintracciarlo, anche grazie a un biglietto con un elenco di numeri di telefono che il bimbo aveva con sé al momento dello sbarco: la speranza dei ricercatori è che ci sia anche quello del padre. La stessa organizzazione si sta occupando anche di identificare il campo in cui è tenuta prigioniera la madre. “Se il papà di Cisse venisse trovato, saremmo pronti a incaricarci di farlo subito arrivare in Calabria”, assicura il rappresentante della Regione
La famiglia ospitante – In attesa di rintracciare i genitori, il bambino resterà con la famiglia calabrese che lo ha accolto e lo sta curando. Qualche giorno fa, il piccolo è stato anche in gita al mare. Malgrado gli sforzi, però, Cisse continua a stare male e a non dormire a causa del trauma subito.
Il ruolo della Chiesa e della stampa – Per Cisse si è mobilitata anche la Chiesa. Il 20 luglio, Radio InBlu, l’agenzia radiofonica della Conferenza Episcopale Italiana, ha ospitato Corbelli per sensibilizzare il pubblico sulla vicenda. Le autorità regionali e la Ong che si occupa del caso hanno richiesto inoltre l’aiuto della stampa, e in particolare di quella francese. Per accelerare le ricerche e portare la storia all’attenzione generale, si sono dette disponibili a fornire anche una foto del piccolo, scattata pochi giorni fa sulla spiaggia di Rossano.
La prigionia in Libia – Cisse era partito dalla Costa d’Avorio insieme alla madre. Insieme avevano viaggiato per migliaia di chilometri, avevano attraversato il deserto del Sahara ed erano giunti in Libia. Dovevano partire insieme verso l’Europa, ma la donna non aveva abbastanza denaro per pagare la traversata di entrambi. “È stata allora rinchiusa in un lager insieme al bambino”, racconta Franco Corbelli, delegato regionale per la tutela dei diritti umani e fondatore del movimento “Diritti civili”.
La fuga dal lager – Dopo alcuni giorni di prigionia, la madre ha organizzato la fuga del piccolo. Ha chiesto a un suo compagno di viaggio di prendersi cura del bambino e di portarlo sulla nave come se fosse suo figlio. L’uomo ha accettato, e nel corso della traversata ha protetto il piccolo dagli scafisti. Cisse è così giunto in Italia a bordo della Rhein, una nave tedesca. “Ancora adesso, la madre non può sapere che il piccolo ce l’ha fatta”, dice ancora Corbelli.
Il padre in Francia – La madre voleva far ricongiungere Cisse con suo padre, che si trova per ora in Francia. Una Ong sta cercando di rintracciarlo, anche grazie a un biglietto con un elenco di numeri di telefono che il bimbo aveva con sé al momento dello sbarco: la speranza dei ricercatori è che ci sia anche quello del padre. La stessa organizzazione si sta occupando anche di identificare il campo in cui è tenuta prigioniera la madre. “Se il papà di Cisse venisse trovato, saremmo pronti a incaricarci di farlo subito arrivare in Calabria”, assicura il rappresentante della Regione
La famiglia ospitante – In attesa di rintracciare i genitori, il bambino resterà con la famiglia calabrese che lo ha accolto e lo sta curando. Qualche giorno fa, il piccolo è stato anche in gita al mare. Malgrado gli sforzi, però, Cisse continua a stare male e a non dormire a causa del trauma subito.
Il ruolo della Chiesa e della stampa – Per Cisse si è mobilitata anche la Chiesa. Il 20 luglio, Radio InBlu, l’agenzia radiofonica della Conferenza Episcopale Italiana, ha ospitato Corbelli per sensibilizzare il pubblico sulla vicenda. Le autorità regionali e la Ong che si occupa del caso hanno richiesto inoltre l’aiuto della stampa, e in particolare di quella francese. Per accelerare le ricerche e portare la storia all’attenzione generale, si sono dette disponibili a fornire anche una foto del piccolo, scattata pochi giorni fa sulla spiaggia di Rossano.
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