WASHINGTON, 24 marzo - L'amministrazione Trump concede l'autorizzazione per la realizzazione degli oleodotti Dakota Access Keystone, capovolgendo una precedente decisione di Obama e in uno schiaffo agli ambientalisti e agli indiani che vivono sul territorio che sarà coinvolto nei lavori e che avevano recentemente protestato davanti alla Casa Bianca. Dopo otto anni di battaglia politica, TransCanada ha ottenuto il via libera al progetto per trasportare petrolio dal Canada agli stati del Golfo del Messico. Lo annuncia TransCanada in una nota. ''Apprezziamo l'amministrazione Trump per aver rivisto e approvato questa importante iniziativa'' afferma Russ Girling, amministratore delegato di TransCanada.
L'oleodotto, un progetto da diversi miliardi di dollari, trasporterà oltre 800.000 barili di greggio pesante al giorno, estratti dalle sabbie bituminose dell'Alberta, in Canada, fino al golfo del Messico, attraverso il Montana, ed è la quarta fase del Keystone Pipeline System, bocciata in precedenza da Obama. Di conseguenza TransCanada sospenderà la richiesta di amministrazione controllata e continuerà le trattative con gli azionisti in Nebraska, Montana e South Dakota per ottenere permessi e approvazioni e cominciare la costruzione. Il Dakota Access Pipeline è un oleodotto sotterraneo quasi ultimato, e dovrebbe servire a portare il greggio dalla Bakken Formation – una zona al confine tra Montana e North Dakota, due stati degli Stati Uniti che confinano con il Canada – fino all’Illinois, attraversando il South Dakota e l’Iowa. Ha avuto un costo complessivo di 3,7 miliardi di dollari, ma negli scorsi mesi la costruzione del tratto finale dell’oleodotto era stata al centro di grandi proteste, soprattutto dei nativi americani Sioux che vivono nella riserva di Standing Rock, in North Dakota. Dopo settimane di manifestazioni e scontri anche molto violenti con la polizia, Obama aveva accettato di far cambiare il percorso all’oleodotto, accontentando i Sioux che non volevano passasse sotto il letto del fiume Missouri. Lo United States Army Corps of Engineers (USACE), la sezione dell’esercito americano specializzata in ingegneria e progettazione e che si è occupata dell’oleodotto, aveva detto che avrebbe cercato un percorso alternativo.
Ora l’ordine esecutivo di Trump chiede allo USACE di approvare velocemente il progetto. È probabile che gli effetti della decisione di Trump sul Dakota Access saranno immediati: la società Energy Transfer Partner, dietro al progetto, vuole concludere in fretta i lavori dell’oleodotto, visto che il tratto mancante è molto corto. Dopo l’ordine esecutivo, i Sioux hanno ribadito che la costruzione dell’oleodotto sotto il Missouri inquinerà la loro riserva d’acqua, e di non essere stati consultati a sufficienza. Spicer ha spiegato che Trump coinvolgerà tutte le parti nella discussione sulla costruzione del tratto finale dell’oleodotto, e che «ha dimostrato con i suoi affari che sa come negoziare un grande accordo».
Il Keystone XL invece è un tratto dell’oleodotto Keystone, che avrebbe dovuto attraversare Montana, South Dakota e Nebraska. Dopo molte proteste, Obama aveva messo il veto sull’autorizzazione del Congresso americano alla costruzione dell’oleodotto, assecondando le richieste delle organizzazioni ambientaliste che avevano contestato a lungo il progetto. L’ordine di Trump chiede a TransCanada, la società canadese costruttrice, di presentare nuovamente la richiesta di autorizzazione. Trump ha detto: «Questo riguarda l’oleodotto Keystone, una cosa che è stata contestata e che stiamo rinegoziando. Rinegozieremo alcuni dei termini. E se a loro piaceranno, vedremo se riusciremo a costruire questo oleodotto». Il governo canadese, coinvolto nel progetto, ha detto di essere contento della decisione di Trump. Degli studi avevano dimostrato che erano sovrastimati sia il numero di posti di lavoro che sarebbero stati creati con l’oleodotto sia i suoi rischi ambientali, ma la discussione intorno al Keystone XL era diventata soprattutto una questione di principio, tra i sostenitori della produzione petrolifera statunitense e quelli delle fonti energetiche rinnovabili.
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