ROMA, 11 gennaio - Lieve malore per il premier Paolo Gentiloni al rientro da Parigi. Il presidente del Consiglio si è recato al Policlinico Gemelli di Roma, dove è emersa la necessità di un piccolo intervento di angioplastica a un vaso periferico con l'applicazioe di uno stent, perfettamente riuscito. Gentiloni adesso sta bene ed è vigile.
Quando si deve ricorrere all’angioplastica
L’Angioplastica Coronarica Transluminale Percutanea (PTCA), o più brevemente soltanto angioplastica, è una procedura impiegata per dilatare le arterie che portano il sangue al cuore, nata quasi 40 anni fa e ancora oggi molto diffusa nella terapia delle coronopatie, in seguito a infarto, o comunque a occlusione totale o parziale di un vaso a causa delle placche aterosclerotiche. “L’inventore” di questa tecnica, un certo Dott. Gruentzig, nel 1976 ebbe l’idea di inserire un palloncino sgonfio all’interno di una coronaria ristretta a causa della placca, per gonfiarlo poi progressivamente, allargando il vaso fino a permettere di nuovo un normale flusso di sangue verso il cuore.
Come si esegue l’intervento di angioplastica?
Da allora, il concetto di fondo di questo semplice ma allo stesso tempo sofisticato procedimento non è cambiato, e attualmente ogni anno nel mondo vengono eseguite circa 6-700.000 angioplastiche.Il progresso tecnologico ha ormai reso l’intervento una pratica molto rapida e sicura, effettuabile senza bisogno di incisioni e nemmeno di anestesia generale, ma vediamo in sintesi come si esegue.
Innanzitutto è necessaria una visualizzazione dell’interno della coronaria ostruita, da effettuarsi tramite coronografia, per identificare con precisione il punto in cui intervenire, grazie a un liquido di contrasto. In pratica viene inserito nell’arteria un tubicino dentro il quale passa prima il catetere per la coronografia, e in seguito quello cosiddetto “a palloncino” per l’esecuzione dell’angioplastica vera e propria.
Questo particolare catetere viene fatto avanzare fino all’occlusione; a quel punto si procede con il suo gonfiaggio (2-4 mm di diametro), così da premere la placca aterosclerotica contro le pareti dell’arteria, ripristinandone un diametro adeguato.
Un perfezionamento successivo della tecnica, prevede l’inserimento di uno “stent” nel tratto di coronaria dilatata dall’angioplastica. Si tratta semplicemente di un piccolo cilindro in maglia di rete metallica che dovrebbe assicurare nel tempo il corretto flusso sanguigno. Per alcune tipologie di pazienti, si possono anche impiegare stent “medicati”, ovvero ricoperti da un farmaco a lenta cessione volto a impedire nuove occlusioni dell’arteria
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