Il 2016 si è concluso con un calo sensibile degli attacchi di squalo all'uomo. Lo rivelano i ricercatori dell’Università della Florida attraverso i dati dell’International shark attack file (Isaf), il database mondiale che monitora le attività e il comportamento di questi pesci a partire dalla fine degli anni ’50 del secolo scorso. Attualmente la sede principale del centro studi si trova presso il Florida Museum of natural history. Secondo le rilevazioni, nel 2016 sarebbero stati registrati 81 casi di aggressioni nel mondo, non provocate dall’uomo. Una cifra, questa, in netto calo rispetto all’anno precedente in cui era stato raggiunto il livello record di 98 attacchi. La maggior parte degli incidenti del 2016 è avvenuta negli Stati Uniti (53), ma nessuno di questi si è rivelato fatale. Calano anche le vittime di questi attacchi: 4, contro le 6 del 2015.
In Florida le acque più pericolose – I ricercatori hanno iniziato con l'esaminare 150 casi d iattacchi di squalo del mondo, e hanno rilevato che 81 di questi erano non provocati. Vale a dire che si erano verificati nell’habitat naturale dello squalo, senza nessun tipo di provocazione o aggressione da parte dell'uomo. Quelle della Florida si sono rivelate le acque più pericolose del Nord America: 32 attacchi (pari al 60% del continente) si sono infatti verificati nel Sunshine State, due in più rispetto al 2015, anche se non hanno provocato nessuna vittima. Seguono Hawaii (10) e California (4). L’Australia, invece, ha registrato 15 aggressioni e due vittime. Al di sotto della media nel 2016 il Sud Africa con un solo incidente e non fatale. Ci sono state, invece, vittime anche in Nuova Caledonia, con quattro attacchi, di cui due fatali. Tra gli Stati dove si sono verificati attacchi di squalo figurano Indonesia (2), Bahamas, Brasile, Giappone, Riunione, Spagna e Sri Lanka, con un incidente a testa. In generale, le aggressioni del 2016 sono rientrate nella media registrata nel quinquennio 2011-2015 (82 attacchi), prima del picco proprio nel 2015.
Le vittime degli attacchi – A livello globale, il 58% degli attacchi da parte degli squali ha come vittime persone impegnate nella pratica di sport acquatici con tavola, in particolare il surf. Le aggressioni da parte di questi grandi predatori del mare sono un “fenomeno umano”, secondo il curatore del database Isaf, George Burgess. “Gli squali – spiega Burgess sul portale dell'Università della Florida – sono un elemento naturale dell’ecosistema. Per gli umani, invece, l’oceano è un ambiente ‘straniero’ e quando entriamo in acqua, di fatto entriamo in un ambiente selvaggio”.
Il picco del 2015 – Il 2015 è stato l’anno in cui si è registrato un livello record di attacchi da parte degli squali nei confronti dell’uomo: ben 98 di cui 6 fatali. Diciassette casi e due vittime in più rispetto al 2016. Un livello che ha superato abbondantemente la media di 82 aggressioni registrate nel quinquennio precedente, a partire dal 2011. Secondo gli esperi dell’Università della Florida, il picco del 2015 sarebbe dovuto alle acque più calde provocate dal fenomeno meteorologico di “El Niño”.
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