Ogni anno 50mila tartarughe marine vengono catturate accidentalmente nei mari italiani, e di queste si stima che oltre 10mila non sopravvivano. La maggior parte viene liberata in mare direttamente dai pescatori, mentre alcune centinaia vengono curate nei centri di recupero lungo le nostre coste. Lo evidenzia Legambiente in occasione della Giornata mondiale delle tartarughe marine che ricorre ogi 16 giugno e che viene celebrata con il rilascio in mare di alcuni esemplari. Stando al progetto europeo TartaLife, finanziato attraverso il programma LIFE+ dell'Ue per ridurre la mortalità delle tartarughe durante le attività di pesca professionale, il mare Adriatico è l'area a maggior rischio, con circa 24mila episodi di cattura all'anno. Ma anche in Ionio, basso Tirreno e Canale di Sicilia le catture accidentali sono tutt'altro che rare.
Il rischio maggiore è rappresentato dalle reti da posta utilizzate dalla piccola pesca costiera e dalle reti a strascico, responsabili di 20mila episodi di cattura ciascuno. Anche i palangari, con 8mila catture all'anno, sono tra gli attrezzi da pesca più impattanti.
La situazione è comunque in via di miglioramento. "Il 70-80% delle tartarughe catturate con reti a strascico ha ottime possibilità di sopravvivenza nel momento in cui i pescatori adottano le procedure che TartaLife sta divulgando attraverso i corsi di formazione", spiega Alessandro Lucchetti del CNR-ISMAR.
Migliorano anche le nidificazioni sulle spiagge italiane, con 58 nidi monitorati da Legambiente l'estate scorsa.
Per festeggiare la Giornata, alle isole Egadi sarà rilasciata in mare la tartaruga Cassiopea, curata per ingestione di plastiche nel centro di Favignana, e la tartaruga Charlotte nel parco dell'Asinara. Altri esemplari saranno rilasciati nei giorni successivi a Rimini e a Manfredonia.
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